Difesa dall’accusa di concorso in contraffazione

Difesa dall'accusa di concorso in contraffazione





L’ing. Ines Sangiacomo racconta un recente caso nell’ambito della valutazione di merce contraffatta. Per motivi di delicatezza della materia, abbiamo omesso il vero nome del cliente nell’ambito del concorso in contraffazione.


Riassunto del caso


Gli avvocati del Sig. ROSSI (nome di fantasia a tutela dell’anonimato del cliente Biesse) hanno richiesto a BIESSE assistenza tecnica nella difesa del loro assistito, al quale era stata sequestrata merce comprendente camicie e maglie recanti noti marchi, quali BURBERRY, FRED PERRY e MONCLER

Ambito della consulenza:

Redigere una perizia tecnica in risposta al quesito del Giudice, che chiedeva di procedere all’analisi della merce sequestrata e di esprimersi in merito alla natura contraffatta della merce stessa ed eventualmente sul livello di contraffazione della stessa, indicando gli indici di originalità o di contraffazione rilevati.

Consulenza offerta:

L’ing. Sangiacomo ha analizzato i capi asseritamente contraffatti, li ha confrontati con capi originali per stabilire se vi fosse o meno contraffazione ed eventualmente quanto questa contraffazione fosse evidente per un esaminatore relativamente esperto, quale un rivenditore.

Risultati ottenuti:

L’ing. Sangiacomo ha fornito agli avvocati assistenza tecnica nella difesa del loro cliente, il quale è poi stato scagionato dall’accusa di concorso nella contraffazione.

ing. Ines Sangiacomo



DETTAGLI DEL CASO: DIFESA DALL’ACCUSA DI CONCORSO IN CONTRAFFAZIONE

Il quesito:

Il Signor MARIO ROSSI (nome di fantasia) lavora da anni nel settore della commercializzazione di indumenti in cachemire. Per completare la gamma di prodotti venduti decideva di acquistare da un noto negozio di abbigliamento uno stock di camicie e maglie di marchi noti nel settore dell’abbigliamento.

In data 20 aprile 2010 la Guardia di Finanza sequestrava la suddetta merce al Sig. Rossi ritenendola contraffatta e lo indagava per il reato previsto e punito dall’articolo 474 c.p. per aver, al fine di trarne profitto, posto in vendita maglie con marchi contraffatti.

L’articolo 474 c.p. sancisce che “Fuori dei casi di concorso nei reati previsti dall’articolo 473 [c.p. 4], chiunque introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 3.500 a euro 35.000 [c.p.p. 31].Fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale [c.p. 474-bis, 474-ter, 474-quater] (1).

Gli avvocati del Signor ROSSI chiedevano quindi a BIESSE l’assistenza tecnica nella difesa del loro assistito al fine di stabilire se effettivamente la merce sequestrata fosse contraffatta e l’evidenza dell’eventuale contraffazione.

La consulenza offerta:

Per legge e giurisprudenza consolidata, un concorso nella contraffazione sussiste laddove l’imputato sia effettivamente consapevole di vendere merce contraffatta.

Veniva pertanto richiesta la redazione di una perizia tecnica per stabilire se vi fosse una contraffazione e, laddove la natura contraffatta di taluni capi fosse affermata da un perito di parte, se gli elementi usati per stabilire la contraffazione fossero evidenti, oppure rilevabili solo da un esaminatore particolarmente esperto.

Per effettuare un’analisi approfondita i capi sequestrati venivano confrontati con equivalenti capi originali.

Per tutti i capi esaminati, dal confronto si evinceva che i tessuti, il taglio, i bottoni, le cuciture, l’applicazione di motivi ornamentali, le targhette e i cartellini risultavano uguali a quelli dei capi originali.

Per taluni prodotti sequestrati, quindi, l’esame effettuato non rilevava elementi idonei a confermarne la natura contraffatta, ma, anzi, deponeva a favore della loro originalità. Per altri prodotti sequestrati, il perito di parte aveva potuto stabilire la natura contraffatta da indicatori di sicurezza, inseriti dalle case produttrici. Tali indicatori di sicurezza, però, risultavano di difficile individuazione, non essendo visibili dall’esterno.

In effetti si tratta degli espedienti adottati dalle case produttrici proprio al fine di contraddistinguere i prodotti originali da quelli contraffatti; tali accorgimenti, però, non sono usualmente noti ai normali consumatori o rivenditori.

Per tali ragioni, l’ing. Sangiacomo asseriva che era improbabile che l’imputato trovasse sui capi in sequestro elementi idonei a far insorgere la consapevolezza circa la natura contraffatta degli stessi e che, al contrario, sussistevano numerosi profili fattuali idonei a trarre in inganno il soggetto non esperto il quale, alla luce della elevata qualità dei prodotti in esame, dell’apparente identicità dei marchi apposti rispetto agli originali e del confezionamento, si era erroneamente convinto della originalità degli stessi. Convincimento rafforzato dalla circostanza che i capi asseritamente contraffatti erano stati acquistati in stock, con regolare fattura, da un noto negozio di abbigliamento concessionario ufficiale dei predetti marchi, ad un prezzo non irrisorio.