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ricorso alla decisione dellUfficio Italiano dei Brevetti e Marchi di rigetto della richiesta di ricalcolo del termine

ricorso alla decisione dellUfficio Italiano dei Brevetti e Marchi di rigetto della richiesta di ricalcolo del termine

La Commissione dei Ricorsi ha annullato la decisione dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) di rigetto della richiesta di ricalcolo del termine di un CPC sul prodotto “Vipidia” depositata da TAKEDA

Il 18 Febbraio 2016 è stata pubblicata la sentenza del 14.12.2015 relativa al ricorso n. 7395 proposto dall’azienda TAKEDA PHARMACEUTICAL COMPANY LIMITED contro D.G.L.C. – Ufficio italiano brevetti e marchi. La Commissione dei Ricorsi ha annullato la decisione dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) di rigetto della richiesta di ricalcolo del termine di un CPC sul prodotto “Vipidia” depositata da TAKEDA, e ha sancito che le decisioni della Corte di Giustizia Europea non sono vincolanti solo per le Corti, ma anche per l’UIBM.

 

vipidia

 

Di fatto la Commissione dei Ricorsi ha confermato la possibilità di richiedere un ricalcolo dei termini dei CPC in Italia in linea con la decisione della Corte di Giustizia Europea n. C-471/14 del 6 ottobre 2015, ovvero ha sancito che il calcolo della durata deve essere basato sulla data di notifica al richiedente del decreto di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), e non sulla data di concessione della stessa autorizzazione.

 

Più in dettaglio, con istanze di correzione nn. 38015 e 38027 del 05/03/2014 il richiedente Takeda, chiese all’ UIBM di calcolare la durata del CPC relativamente al farmaco denominato “VIPIDIA” sulla base della data (23/09/2013) della notifica, da parte della Commissione Europea, della decisione di concessione dell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), ovvero sulla base della data (20/09/2013) della lettera con cui essa Commissione notificava la decisione dell’AIC o sulla base della data di pubblicazione in Gazetta Ufficiale della EU.

Con ministeriale n. 38360 del 06/03/2014, l’UIBM rispose che, ai sensi dell’art.13, comma l del Regolamento (CE) n. 469/2009, il calcolo della durata andava effettuato “sulla base della data della autorizzazione immissione in commercio nella Comunità che, nel caso in esame, era il 19/0912013” per cui la richiesta di cui alle suddette istanze n. 38015 e 38027 non poteva essere accolta.

L’UIBM assegnò un termine di 2 mesi per eventuali osservazioni prima di provvedere con il rifiuto definitivo.

In data 06/05/2014, con note n. 75459 e 75470, Takeda depositò all’UIBM osservazioni a sostegno della richiesta di calcolare la durata del CPC sulla base della data (20/09/2013) della lettera con cui la Commissione Europea notificava la decisione. Takeda precisò che l’art. 13 del Regolamento 469/2009 fa riferimento alla data dell’AIC e non indica espressamente quella di rilascio, tanto che in alcune traduzioni è riportata la data di notificazione, e tale interpretazione era stata adottata anche in una recente decisione dell’Ufficio brevetti del Regno Unito.

Con provvedimento n. 81463 del 16/05/2014 l’UIBM respinse la richiesta, sul rilievo che la data certa di riferimento per poter calcolare la durata del certificato complementare di protezione era solo la data del decreto (nel caso di autorizzazioni nazionali) o della decisione (nel caso di autorizzazioni comunitarie) con cui il prodotto veniva autorizzato all’immissione in commercio.

Da qui il ricorso della TAKEDA.

Takeda sostenne che, poiché il richiedente dell’AIC non poteva commercializzare il prodotto dalla data di concessione ma solo a partire da una data successiva, normalmente coincidente con la data di pubblicazione del decreto autorizzativo sulla Gazzetta Ufficiale, nazionale o comunitaria, nel calcolare la durata del CPC doveva considerarsi come data di partenza rilevante il momento in cui il titolare era posto in reale condizione di commercializzare il prodotto, momento che evidentemente non poteva coincidere con la data di emissione dell’AIC, bensì con quella(posteriore) di notifica o di pubblicazione in Gazzetta.

Takeda ha quindi chiesto che fosse stabilito che la data di prima immissione in commercio del prodotto per il quale era richiesto il CPC era da considerare la data della notifica alla richiedente del decreto di AIC sul GUCE (23/09/2013).

Nelle more del giudizio l’Oberlandesgericht di Vienna proponeva il 15.10.2014 domanda di pronunzia pregiudiziale alla Corte di Giustizia (causa C-471/14 Seattle Genetics Inc. v. Osterraichisches Patentam) per conoscere se la data di prima autorizzazione in commercio a sensi dellart.13 par. l del Reg.469/2009 andava stabilita in base al diritto europeo o se tale disciplina rinviava alla data in cui l’autorizzazione acquistava efficacia in base al diritto dello Stato membro e – nel primo caso – se fosse a necessario prendere m considerazione la data dell’autorizzazione ovvero quella della comunicazione.

In Italia la Commissione dei Ricorsi sospese la controversia nazionale, rilevando che la decisione della causa dipendeva dalla definizione della questione interpretativa pendente avanti all’organo di giustizia europea. La Corte di Giustizia Europea (ottava sezione) si è pronunciata il 6.10.2015, e il procedimento in Italia è ripreso dopo questa data.

La Commissione dei Ricorsi ha quindi rilevato che la Corte Europea, rispondendo ai questi proposti dal Tribunale viennese, ha stabilito che l’art.10 par. l del Regolamento (CE) 469/2009 sul certificato protettivo complementare per i medicinali andava interpretato nel senso che la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nell’UE è definita dal diritto dell’Unione ed ai sensi di tale disposizione va intesa come quella di notifica della decisione di autorizzazione di immissione in commercio al suo destinatario; il calcolo della durata non può prescindere dal momento in cui il beneficiario di CPC è messo effettivamente in grado di godere dell’AIC commercializzando il suo prodotto, il che può avvenire solo a partire dalla data in cui viene comunicata la concessione dell’AIC.

La Commissione dei Ricorsi si è quindi espressa affermando che “l’efficacia interpretativa di questa sentenza [C-471/14, n.d.s.] è vincolante non solo per il giudice di rinvio, ma erga omnes, entrando ad ogni effetto a far parte dell’ordinamento interno (Corte Cost. 284/2007 e Cass. 12067/2007)“.

Pertanto la Commissione ha deciso di annullare il provvedimento dell’UIBM che ha fatto riferimento alla data di adozione dell’AIC (19.9.2013), essendo la data di prima autorizzazione all’immissione in commercio della specialità medicinale di cui è causa da intendere quella (posteriore) di notifica del decreto autorizzatorio come riportata sul GUCE, cioè il 23.9.2013.

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