Un’altra sentenza, questa volta toscana, riapre il dibattito sull’uso dei social network e sui reati di diffamazione commessi sugli stessi.
Questa volta la parola è stata data al GIP di Livorno che, con sentenza n° 38912/2012, ha sancito il principio secondo il quale l’offesa su Facebook può essere considerata diffamazione a mezzo stampa.
Con richiesta di rinvio a giudizio M.R. veniva chiamata in causa con l’accusa di avere commesso il reato di cui all’art. 595 comma 3 c.p., pubblicando su Facebook messaggi offensivi contro il suo ex datore di lavoro, G.P., nonché contro il centro estetico di cui quest’ultimo era titolare.
L’aggravante di cui al terzo comma dell’art. 595 c.p. è stata riconosciuta per l’elevata diffusività del messaggio, conseguente all’uso di mezzi di comunicazione di massa, i quali hanno un chiaro effetto di diffusione immediata del danno sociale provocato dal comportamento antigiuridico. Il giudice ha affermato che l’uso di espressioni di valenza denigratoria e lesiva della reputazione del profilo professionale di un soggetto integra sicuramente gli estremi della diffamazione alla luce del carattere pubblico del contesto in cui quelle espressioni sono manifestate, qualificando ulteriormente come mezzo pubblico la bacheca di Facebook.
Gli sfoghi su Facebook sono costati a M.R. un risarcimento di € 3.000,00 (pena ridotta di un terzo per effetto della scelta del rito abbreviato), oltre alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile di € 1.500,00.