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Il caso PANTERA ROSA e la produzione di oggetti seriali costituenti riproduzione morfologica di cose protetti da marchio

La seconda sezione penale della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 46868 depositata in cancelleria il 13 novembre 2014, ha rimesso all’esame delle Sezioni Unite Penali la seguente questione: “se l’introduzione in commercio di oggetti seriali – privi di marchi – costituenti riproduzione morfologica di oggetti protetti da marchio integri o meno gli estremi del delitto di cui agli artt. 473 e 474, ovvero di cui all’art. 517 cod. pen.”.

La questione è nata dall’introduzione nel territorio italiano da parte di un imprenditore, con successivo sequestro, di una partita di peluche raffiguranti il personaggio “Pantera Rosa”, senza tuttavia apporre marchi o nomi. Secondo la difesa dell’imputato, i pupazzi sequestrati non possono rappresentare contraffazione dei marchi di proprietà della Metro Goldwin Mayer raffiguranti il personaggio della “pantera rosa” in quanto sono dei semplici pupazzi tridimensionali, privi di qualsivoglia componente denominativa.

Un marchio figurativo non è in alcun modo assimilabile, nè sovrapponibile ad un marchio tridimensionale per cui un pupazzo che riproduca una pantera o qualsiasi altro animale non solamente non costituisce contraffazione, ma neppure potrebbe essere oggetto di registrazione quale marchio tridimensionale, posto che risultano espressamente esclusi dalla registrazione i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto.

Nell’ordinanza in esame, viene rilevato che nella giurisprudenza della Corte di Cassazione la questione della configurabilità del delitto di cui agli artt. 473 e 474 cod. pen., con riferimento alla produzione di oggetti seriali costituenti riproduzione morfologica di cose protetti da marchio, è stata oggetto di un dibattito che ha portato a contrastanti indirizzi giurisprudenziali.

Anche se, di recente, la seconda sezione della Corte di Cassazione, con riferimento al commercio di pupazzi riproducenti i personaggi “Titti” e “Gatto Silvestro”, ha affermato che integra il reato di commercio di prodotti con segni falsi la riproduzione del personaggio di fantasia tutelato dal marchio registrato, ancorché non fedele ma espressiva di una forte somiglianza, quando sia possibile rilevare una oggettiva e inequivocabile possibilità di confusione delle immagini, tale da indurre il pubblico ad identificare erroneamente la merce come proveniente da un determinato produttore (sentenza n. 20040/2011 e sentenza n. 13235/2014), risultando comunque evidente l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione di diritto in esame, la seconda sezione della Cassazione ha deciso di rimetterla alle Sezioni Unite, di cui ora si attende la pronuncia.

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